11 dicembre 2013

Rotonda di Bibiana ore 9,15, una fila di tir fermi sul bordo della strada e traffico di automobili che procede a singhiozzo, mentre si intravvedono mezzi da lavoro che chiudono parzialmente lo svincolo, lasciando un varco per il passaggio controllato dei veicoli. Diamo la parola ai manifestanti.

Come vi definite? «Il termine “Forconi” non ci piace troppo, non abbiamo un coordinamento a livello nazionale o altro, ma ci siamo organizzati in modo spontaneo e comunitario». Tra di loro ci sono artigiani, commercianti, ambulanti, impresari edili, ma qualcuno osserva che ci sarebbero anche degli operai se potessero permetterselo, senza il timore di ripercussioni sul lavoro. Nessuna bandiera particolare se non quella dell’Italia.

Cosa chiedete? «Leggete i nostri volantini… ma alla fine il grande motivo che ci spinge a fare questo è un sistema fiscale che schiaccia tutti, in particolare i lavoratori autonomi. Il governo deve accorgersi di ciò che sta capitando». La protesta procede senza tensioni, sul posto sono presenti anche i vigili urbani e i carabinieri, qualcuno abbozza una protesta, ma in generale sono molti di più quelli che familiarizzano con i manifestanti, chi porta il caffè, chi panini, cioccolata calda, vin brulè.

C’è chi vi accusa di essere evasori fiscali in rivolta «Di solito chi dice questo, poi, è il primo a chiederci di non pagare l’iva, ma quando capitano queste cose spesso è perché si è costretti a farlo per sopravvivere. Se in Italia la tassazione fosse più ragionevole, come capita in altri stati vicini, nessuno rischierebbe le gravi conseguenze dell’evasione. Siamo tassati per oltre il 50%. Per noi lo stato è come un socio che prende, prende e ancora prende, per dare ben poco in cambio. Paghiamo circa 1.200 euro al mese di tasse solo per tenere aperta una partita iva e molti di noi sono costretti a rateizzare per pagare quanto dovuto».

Con quale criterio fate questo blocco del traffico? «Blocchiamo l’Italia che lavora, specialmente i camion, i tir. Invece tutti gli altri mezzi, compresi gli autobus, sono solamente invitati ad una breve sosta in cui chiediamo solidarietà e cerchiamo di spiegare le nostre ragioni». Improvvisamente sopraggiunge un’ambulanza a sirene spiegate che viene aiutata a transitare velocemente in mezzo ai molti veicoli fermi.

Come fate per evitare che la protesta vi sfugga di mano e come vi tutelate dagli infiltrati violenti? «Il nostro non è un blocco indiscriminato, né violento, facciamo attenzione alle persone che si uniscono a noi e allontaniamo quelli che non c’entrano con la nostra iniziativa. Non permetteremo a nessuno di mettere la propria etichetta su una cosa che non appartiene a nessuno schieramento politico e che non va confusa con altri movimenti, tantomeno con quello dei no-tav».

Qualcuno dice che questa è una protesta di destra, organizzata dall’alto per fini destabilizzanti. «Respingiamo nel modo più assoluto questa accusa, lo abbiamo già detto, non abbiamo bandiere politiche. Se anche tutto questo fosse nato in qualche modo negli ambienti della destra, ora queste manifestazioni hanno una loro fisionomia che respinge qualsiasi appartenenza. Tra di noi ci sono persone con idee diverse, ma soprattutto persone che ormai non votano più, perché sono stufi e non si riconoscono in nessun partito».

Fino a quando proseguirete? «Fino a quando ne avremo la forza, stiamo facendo un grande sforzo, molti ci hanno messo la faccia anche a costo di pagarne le conseguenze. È stata una scelta difficile, ma era l’unico modo rimastoci per richiamare l’attenzione».

Massimo Damiano

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