Le elezioni europee sono state molto simili ad una battaglia. C’erano gli urli di guerra di chi voleva entrare in Europa con l’obbiettivo di sfasciarla e gridava dagli angoli delle piazze (soprattutto quelle multimediali).
L’hashtag #vinciamonoi era infatti il grido del Movimento 5 Stelle. Ma qualcosa è andato male: solo il 21,16% degli elettori ha dato ragione a Grillo, molti meno di quelli che si aspettava il comico sedicente “capo del primo partito italiano”.
La smentita a questa prospettiva viene dalle urne: il Partito Democratico è stato scelto dal 40,81% dei votanti. Come a dire che l’Europa, vista dal popolo del Bel Paese, cambia verso: smette non solo di ascoltare i grilli parlanti ma lascia il Partito Popolare per legarsi al Socialismo Democratico.
Infatti Forza Italia e Nuovo CentroDestra-Unione di Centro (entrambi nel gruppo PPE) insieme raggiungono solo il 21%. Il tutto in controtendenza rispetto all’Unione Europea che da ancora fiducia al PPE, il partito con il maggior numero di seggi (214) seguito dal S&D (189).
Insomma queste elezioni lasciano all’Italia alcune riflessioni. In primis si è cercato di dare realmente spazio al nuovo che al momento è rappresentato, non dal PD in sé, ma dal suo capo Matteo Renzi. Per continuare potremmo osservare come cambia il nostro modo di fare politica.
Forse gli italiani che non arrivano più a fine mese si sono stancati dall’austerity proposta dai gruppi franco-tedeschi del PPE. Forse gli italiani si stanno stancando di una politica “urlata”, sempre all’insegna dell’insulto e povera di contenuti veramente attuabili. Forse gli italiani si sono stancati di sentirsi dire che sono, per citare Emanuele Cozzolino di M5S, “uno stato di coglioni”.