13 Luglio 2011
UN’ESTATE CALDA PER L’EUROPA E L’ITALIA
Tante le sfide per il futuro Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi UN’ESTATE CALDA PER L’EUROPA E L’ITALIA
Sarà un’estate calda, molto calda, se non per il clima previsto dai meteorologi, sicuramente per la politica e l’economia europea e italiana.
L’Europa è da mesi alle prese con il problema del dissesto finanziario della Grecia e dei conti pubblici traballanti di Irlanda e Portogallo, in attesa di capire come evolveranno la situazione della Spagna e le nuvole basse sull’Italia e il suo sistema bancario alla prova delle nuove regole di Basilea 3 che impongono a tutti gli istituti bancari una rafforzata solidità patrimoniale. Segnali di nervosismo a questo proposito si sono visti nei giorni scorsi sui mercati, stimolati da annunci non sempre limpidi delle agenzie di rating, mentre ulteriori motivi di allarme sono venuti dal differenziale crescente dei titoli di Stato italiani rispetto ai corrispondenti titoli tedeschi.
Si prepara ad affrontare tutte queste ed altre tempeste il futuro Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, nominato all’unanimità dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo della settimana scorsa. Una nomina maturata negli ultimi mesi, fondata più sulle qualità del personaggio e della scuola di Bankitalia che non sulla credibilità del governo italiano. Quest’ultimo ha dovuto anche fare i conti con il problema, sollevato non senza arroganza dalla Francia, di una doppia presenza italiana nel Comitato esecutivo della BCE con l’arrivo di Draghi e la permanenza di un altro italiano, Lorenzo Bini Smaghi, forte di una nomina a tempo che non prevedeva una sua uscita con l’arrivo del nuovo Presidente. Le regole scritte erano chiaramente in favore di Bini Smaghi, non così quelle della politica dei governi europei che da una parte declamano l’indipendenza della BCE e dall’altra manovrano per esercitare su di questa la maggiore influenza possibile, in quel consolidato stile intergovernativo che fa prevalere gli interessi degli Stati nazionali – Francia e Germania, in particolare – su quelli dell’Unione Europea e delle sue Istituzioni.
Una tendenza che sta erodendo da tempo l’autorevolezza della Commissione europea e adesso rischia di estendersi alla BCE; resistono come possono a questa invasione di campo il Parlamento e la Corte di Giustizia dell’UE a fronte di un Consiglio dei ministri, sempre più istituzione intergovernativa, in difficoltà a trovare un consenso per decidere nell’interesse dell’UE.
In questo scenario istituzionale, reso fragile dalle molteplici crisi in corso, si dovrà muovere la BCE, con il suo nuovo Presidente, per governare l’euro, vegliare sul sistema bancario, raffreddare l’inflazione senza congelare la crescita con un rischioso innalzamento dei tassi di interesse che, tra l’altro, renderebbe più arduo il risanamento dei conti pubblici dei Paesi in difficoltà: per farsene un’idea basti pensare agli oltre 75 miliardi che, per onorare i soli interessi del debito pubblico, deve sborsare ogni anno l’Italia.
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