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Attualità  

E se abbandonassimo l’EURO?

E se abbandonassimo l’EURO?

22 dicembre 2014

Alcuni esponenti politici propongono il ritorno alla Lira come rimedio alla crisi economica. I risparmi dei privati sarebbero esposti a una progressiva corrosione del proprio potere di mercato per la debolezza della valuta e l’alta inflazione

Partiamo dal presupposto che sia tecnicamente e legalmente possibile l’uscita dalla moneta unica, rimanendo in Europa, per ipotizzare una serie di opportunità/conseguenze, secondo la visione distratta dell’uomo di strada. Da un po’ di tempo alcuni politici italiani teorizzano che questa potrebbe essere un’ottima soluzione per i nostri annosi malanni, nonostante i pareri contrari di insigni esperti e della più comune logica economica. Il ritorno alla Lira significherebbe rifiutare una moneta forte per entrare, verosimilmente, nella Comunità delle monete di mezzo e sarebbe caratterizzato da impatti più o meno estesi sulla massa monetaria, sul bilancio dello Stato, sull’economia reale e sulla finanza (pubblica e privata). Per prima cosa la banca d’Italia potrebbe stampare tantissime banconote, incrementando il circolante e l’offerta degli intermediari. «Finalmente!» Si potrebbe pensare. Poi interverrebbe una significativa svalutazione della Lira, per rendere meno costose le nostre merci sui mercati internazionali. Ripeteremmo, in sostanza, i fatti del passato, quando, invece di migliorare la loro posizione competitiva, i nostri esportatori hanno chiesto e ottenuto vistose resezioni di valore della moneta, usufruendo di questa stampella per tener alti i margini, senza magari ricercare, con più accanimento, l’efficienza di processo, il supporto della tecnologia e l’innovazione di prodotto. A prima vista ciò potrebbe apparire estremamente interessante, perché il rilancio economico dribblerebbe le difficoltà del nostro tessuto produttivo nel confrontarsi con i competitor basati in aree avvantaggiate da una minor pressione fiscale e da un più basso costo del lavoro.

Dalla deflazione all’inflazione
Proviamo tuttavia a scendere qualche gradino, per inoltrarci cautamente nei cunicoli di alcune analisi. L’aiutino della svalutazione consentirebbe agli imprenditori di ridistribuire i maggiori margini anche ai dipendenti, forzando la massa circolante e i consumi. Dall’altra parte, il denaro scorrerebbe a fiumi nei gangli bancari, sollecitando la domanda di beni e servizi. Ecco che potremmo accantonare la deflazione per ritornare alla tanto amata inflazione, interna, quale effetto di uno squilibrio fra domanda e offerta, e, soprattutto, esterna, per i maggiori esborsi a fronte dell’import espresso in valute forti. «È un fattore che non ci ha mai spaventato!», potrebbe obiettare qualcuno! Certo. Ma la troppa inflazione può far male. Prima di tutto, con la debolezza della valuta e la crescita dei prezzi, porta con se un pesante aumento dei tassi e un probabile abbattimento del rating sovrano, a seguito del venir meno della barriera difensiva dell’Euro e dei maggiori interessi che lo Stato sarebbe costretto a pagare per finanziare il debito.
Altra obiezione: «Sì, ma lo Stato emetterebbe i nuovi bond in lire, accollando il rischio svalutazione ai sottoscrittori». È anche per questo che loro pretenderebbero tassi molto più alti a fronte di un aumentato rischio monetario, e poi le precedenti emissioni dovrebbero essere rimborsate in valuta forte, generando un pesante impatto sulle riserve pregiate. A meno che lo Stato non le trasformi d’imperio in Lire, cosa che sarebbe sicuramente letta come insolvenza conclamata, dalla Comunità finanziaria internazionale. Ecco pertanto nuove difficoltà a generare un avanzo primario, anche se il rilancio economico potrebbe portare a sostanziosi incrementi del PIL e delle entrate tributarie.
Pur considerando i risvolti positivi, non c’è chi non veda come la riduzione dell’enorme debito statale, resa possibile da progressive svalutazioni della moneta, possa essere contrastata dall’avvitamento verso l’alto della spesa pubblica, a meno che non si mettano in conto interventi di risanamento straordinari come patrimoniali varie, tagli dei costi di funzionamento della macchina burocratica, default parziali sui bond. Comunque una perdita di credibilità (merito), a dispetto dell’aiuto monetario, sarebbe la vera anticamera della fine, senza le ali protettive della moneta europea e dei controlli esterni, così benvisti ai mercati.

Gli effetti sulla finanza privata
I rapporti di debito/credito espressi in Euro e nascenti da un regolare contratto dovrebbero essere soddisfatti nella valuta di riferimento, fatta salva l’adesione al cambiamento di tutti i contraenti, così è per gli strumenti di investimento e così è per i debiti privati (mutui in primis). I debitori dovrebbero quindi onorare gli impegni in Euro trasformando le loro Lire, con un cambio penalizzante, e subendo un consistente aggravio sulle rate. Ricordo che chi deve soldi espressi in valuta debole beneficia dello svilimento della stessa nel tempo e il suo impegno si erode progressivamente fino a ridursi drasticamente nei mutui di lunga durata.
E che ne sarebbe dei tanti risparmi delle famiglie e degli investitori, accantonati presso gli Intermediari? Gli strumenti diversi dai depositi potrebbero continuare la loro strada sotto braccio all’euro, mantenendo rendimenti bassi e buon potere d’acquisto all’uscita, ma tutti i depositi sarebbero convertiti simultaneamente in lire. «E quindi mi renderebbero molto di più!», potrebbe esultare il risparmiatore. Certo, i tassi crescerebbero e anche tanto, ma il gruzzolo sarebbe inevitabilmente esposto a una progressiva corrosione del suo potere di mercato (beni e servizi acquistabili) per la debolezza della valuta e l’alta inflazione. Quindi si guadagnerebbe magari di più, si potrebbe spendere di più per i consumi, ma i risparmi farebbero nel tempo una brutta fine. Come si può ovviare a tutto ciò? Posizionandoli su valute forti. Ultimamente abbiamo sentito una notizia, subito smentita, riguardante la ripresa delle esportazioni legali di capitali. C’è forse qualcuno che sta temendo anzitempo l’uscita dall’Euro?

Sergio Martini

Euro_coins_and_banknotes - Copia

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