Sabato 19, dopo aver tenuto una lezione a Susa, presso le suore Giuseppine, sul tema “Eucarestia e comunione dei santi”, in occasione dei “Week end della Parola di Dio”, l’arcivescovo di Spoleto e Norcia, monsignor Renato Boccardo, valsusino di S. Ambrogio di Torino, ci ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito alla situazione della sua archidiocesi di Spoleto e Norcia, duramente colpita dal terremoto tra agosto e novembre.
Quali sono al momento le cose più urgenti?
Soprattutto ridare al popolo la possibilità di riprendere. E riprendere vuol dire restituire alla gente se non una casa, almeno un luogo stabile dove potere affrontare l’inverno. E poi, il lavoro. Perciò bisogna sostenere soprattutto la ripresa delle piccole aziende familiari, gli agricoltori, gli allevatori, specialmente quelli che hanno perduto le stalle, sostenendo tutta quella catena che si chiama norcineria: prosciuttifici, salumifici, perché ora queste ditte devono smaltire tutti i prodotti che avevano accumulato, e molti loro magazzini sono crollati o gravemente danneggiati. Ecco, aiutare questa ripresa credo che sia fondamentale. Perché le pietre, le case, si rimettono in piedi, ma ricostruire le persone è opera più complessa, specialmente se si convive da due mesi e mezzo con la precarietà e la paura. Insomma, ci vuole grande attenzione a questi uomini e a queste donne.
Com’è la sua giornata tipo, in tutta questa emergenza ormai quotidiana?
Molto spesso sono sui luoghi del terremoto per stare con la gente, e nello stesso tempo devo tenere i contatti con le autorità, la protezione civile, la soprintendenza…Tutte queste chiese crollate, o gravemente colpite, custodivano infatti tesori d’arte che a me piace definire autentici tesori della fede. Adesso questi muri non ci sono più, e mentre speriamo che qualcosa si possa recuperare, si lavora per mettere in sicurezza quelle che sono opere d’arte, bisognose di custodia, ma soprattutto che raccontano la storia della fede di un popolo. Vorrei sottolineare il grande e ammirevole lavoro che viene svolto dai Vigili del Fuoco, che stanno estraendo dalle macerie un pezzo dopo l’altro. E che poi, in contemporanea, accompagnano la gente a ritornare presso le proprie case danneggiate, per riprendersi alcune cose. Così come bisogna ricordare l’opera preziosissima di sostegno logistico messa in atto dai volontari della Caritas e della Protezione Civile per quanto riguarda le cucine, le tende, i trasporti.
Dopo tante promesse e rassicurazioni, occorre però intervenire in fretta.
Sì, occorre dare segnali immediati di ripresa attraverso azioni concrete. Sappiamo che la nostra burocrazia ci può rallentare. Ma poiché siamo in tempo di guerra e non di pace, è necessario velocizzare al massimo tutte le procedure, operando in trasparenza e nella legalità, ma derogando tutti quei passaggi che in altri momenti più normali sarebbe logico seguire. Se lo facciamo adesso, però, rischiamo di passare l’inverno allo scoperto.
Come viene svolta l’azione pastorale?
Le messe vengono celebrate negli stessi spazi dove la gente è stata ospitata. Ora a Norcia abbiamo anche una tensostruttura che adoperiamo soltanto come luogo di culto, ma da altre parti si usufruisce degli spazi della vita quotidiana, sotto i tendoni. Attraverso la Caritas italiana e quelle regionali stiamo costruendo alcuni centri di comunità, locali ad un piano, sicuri, idonei per trovare spazi per socializzare, e questo in generale, non solo per la catechesi. Lì dentro, in settori diversi, si potrà mangiare, stare insieme ed anche celebrare la messa, perché rimettere in piedi le chiese non sarà certamente una cosa rapida.
Lei è di S. Ambrogio, valsusino purosangue. La Valle si sta mobilitando. Che ne pensa?
Leggo su La Valsusa quanto si sta facendo e non posso che dire a tutti il mio grande grazie per questa solidarietà, partecipazione comunione. Dalla mia diocesi umbra la gente mi prega sempre di esternare la propria gratitudine per ogni gesto che aiuta a non farla sentire sola. Perciò grazie ai valsusini, grazie a suor Angelina, a don Sergio Blandino e a Livio Gallo per la loro visita, ma grazie veramente a tutti per questo slancio di amicizia, che non dico rinsalda ma ravviva i molti legami instaurati quand’ero in Valle, legami che comunque abbiamo sempre saputo tenere vivi.
Così parla l’uomo che un tempo organizzava i viaggi di un papa che oggi è santo, e che si occupava della Giornata Mondiale della Gioventù, oggi impegnato nella difficile ricostruzione di una chiesa di pietre vive. Non facciamogli mancare la nostra preghiera ed il nostro aiuto.
Giorgio Brezzo