10 Giugno 2014
Divorzio breve: così si banalizza la famiglia
08 giugno 2014
Il 29 maggio scorso, la Camera dei deputati, è giunta alla prima approvazione del testo del cosiddetto “divorzio breve”.
Il quotidiano Avvenire si pronuncia: «E colpisce che il fatto abbia sinora suscitato limitate reazioni a livello di dibattito pubblico, diverse delle quali epidermicamente ed entusiasticamente favorevoli, accompagnate tutt’al più da qualche commento ironico sul “cuore breve”!».
Scelta legislativa, non ancora sancita definitivamente, che si unisce ad altre rivolte ad a privare di significato l’affermazione della Costituzione all’art. 29: «i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio».
Chiediamoci: quale fondamento può dare alla famiglia un matrimonio che può sciogliersi dopo pochi mesi, per esclusiva volontà di una delle due parti, a prescindere dal fatto che vi siano o meno dei figli? E ad una comunità, così poco stabile da non superare neanche un anno di vita, quali diritti vengono riconosciuti? Sono domande semplici, dolorose e sofferte, che dovrebbero indurre il legislatore a riflettere, a non dimenticare la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 in cui si legge: «la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato».
La Chiesa in Italia pur mantenendo ferma la sua posizione non favorevole al divorzio, ritiene che il doppio procedimento giudiziale, prima la separazione e poi il divorzio, è giustificata perché può permettere un ripensamento ed una maggiore presa di coscienza soprattutto se la coppia ha dei figli.
Il proporre un tempo ragionevole, la Chiesa lo giustifica perché così almeno il credente non viene abbandonato a se stesso ma, come sostiene Papa Francesco, rimette in primo piano l’idea della comunità di fede in cui i divorziati possono trovare non solo misericordia, ma anche sostegno.
Il contributo dell’antropologia cristiana
La questione è molto seria, e bisogna rivisitarla, poiché pur essendo complessa esige molto tempo, e non implica solo una scelta tra i due coniugi; infatti per un credente comporta problemi etici essenziali quali il rapporto con i sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione; inoltre occorre rivedere la posizione della persona divorziata in rapporto con la Chiesa comunione e popolo di Dio.
Ricordiamo pure che una mentalità divorzista attenendosi a un’antropologia inconsistente che in questi anni procede, in contrasto con l’antropologia cristiana, illuminata dalla Parola di Cristo, dalla Tradizione, dal Magistero della Chiesa, che non possono venir meno nonostante gli sviluppi della scienza. Ragione e fede non possono contraddirsi, l’una ha bisogno dell’altra.
La problematica sul divorzio non può ritenersi solo una questione economica anche se è vero che l’attuale situazione finanziaria di molte famiglie dev’essere considerata.
La situazione di famiglie allargate è drammatica, soprattutto quando vi sono dei figli.
Nella esperienza pastorale si vedono molto spesso i volti delle persone che nel profondo della loro coscienza rivelano stati d’animo di inquietudine. Alcune riconoscono la distruzione che ha condotto alla divisione della propria famiglia, altre giungono con profondi turbamenti psicofisici causati dalla situazione che vivono, e ancora vi sono coloro che non riescono a prendere coscienza della propria condizione, poiché sono sostenuti da una mentalità cosiddetta “liquida” cioè, utilizzando una frase del sociologo Zygmunt Bauman, una società che non ha radice ed è in costante cambiamento.
Effetti possibili:
Il primo effetto, con l’accelerazione dei tempi di scioglimento del vincolo, è quello di provocare un vuoto nella psiche e nella cultura dei più giovani, con la mancanza di senso della responsabilità che sta avvenendo: un impegno che appare fragile, caduco, risolvibile in tempi molto brevi, con tutele economiche e giuridiche assai limitate.
Altri effetti si avranno sulla difesa dei figli, considerati poco importanti ai fini del divorzio, e sugli orientamenti della giurisprudenza indotta a ritenere il frammento di esperienza matrimoniale, vissuto alla stregua di un incidente di percorso che lascerà poche tracce nella vita delle persone coinvolte.
La fragilità di molti giovani senza dubbio fa parte del prezzo pagato per questi cambiamenti.
A volte, per certe coppie il figlio è considerato un po’ come un contorno, una sorta di accessorio.
La legge stessa non tutela a sufficienza la maternità. Nell’attuale società i figli sono precipitati in un tunnel buio.
Non meravigliamoci se molto presto fossero proprio quei figli, quei giovani ad andare alla ricerca della stabilità perduta!
Il divorzio comunque sia per chi è nella Chiesa, sia per chi lontano dalla Chiesa è una profonda ferita!
Tuttavia urge pensare e agire con realismo e speranza. Diamo fiducia all’intelligenza e alla dignità dell’essere umano, perché viva in modo leale, onesto e duraturo i rapporti di coppia. I parlamentari che si professano cattolici hanno una grave responsabilità prima della scelta definitiva.
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