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Attualità  

Cristiani e Israele, storia di un conflitto

Cristiani e Israele, storia di un conflitto

Negli ultimi tempi si sono intensificati i provvedimenti restrittivi nei confronti dei non ebrei Diversi mesi dopo la visita di Papa Benedetto in Terra Santa, che si è volta nel maggio 2009, il Patriarca latino di Gerusalemme ha valutato che questo pellegrinaggio non ha condotto alla diminuzione degli atti di oppressione contro le minoranze e che la discriminazione, sempre presente in Israele, minaccia tanto i cristiani quanto i musulmani. Del resto, tra le restrizioni alle quali sono sottomessi nei loro spostamenti, la mancanza di considerazione riguardo al loro habitat, le tasse e la violazione dei diritti di residenza, i cristiani palestinesi non sanno più come orientarsi. E il Patriarca di Gerusalemme sosteneva che c’è una nuova generazione di cristiani che non può più rendere visita ai luoghi santi della sua fede, benché questi luoghi si trovino a pochi chilometri dal luogo dove abitano.
I cittadini cristiani di Israele si trovano, inoltre, ad affrontare un grave problema di identità. S’interrogano sul senso della loro cittadinanza in uno Stato che si orienta sempre di più verso una scelta di esclusivismo, vale a dire uno Stato per gli ebrei. Per questa ragione Israele tende a comportarsi con i non ebrei come se fossero “entità separate”, senza una identità nazionale determinata.
In Israele le chiese ed i fedeli cristiani subiscono molestie crescenti da parte dei poteri pubblici. Il Governo frappone ostacoli al rilascio di visti ai sacerdoti ed ai sacerdoti stranieri inviati sul territorio. Questi problemi hanno origine nel Ministero dell’Interno. Problemi che sono sempre esistiti ma che in questi ultimi tempi si sono aggravati. Per il Nunzio apostolico in Israele, monsignor Antonio Franco, queste restrizioni recano danno al buon svolgimento del lavoro pastorale ordinario della Chiesa. È ovvio che è molto difficile per le chiese programmare il loro lavoro senza sapere con certezza se i religiosi, o i sacerdoti, arriveranno o meno. Il problema dei visti si pone con particolare gravità per i futuri sacerdoti del patriarcato latino, la cui giurisdizione si estende su Israele, Territori palestinesi, Giordania e Cipro. Questi studenti sono sottomessi alle decisioni arbitrarie del Ministero dell’Interno israeliano, che esercita la sua sovranità su tutto ciò che riguarda il soggiorno dei non palestinesi nei territori occupati. Di fatto, le restrizioni sono sempre numerose, particolarmente per i giordani, che costituiscono i due terzi dei seminaristi. Spesso ottengono visti per un solo ingresso, mentre prima potevano ottenere visti validi per più ingressi, il che permetteva loro di recarsi tre o quattro volte l’anno a visitare le loro famiglie. La misura è sentita come ingiusta, tanto più se si considera che Giordania e Israele hanno firmato un Trattato di pace nel 1994.
Insomma, nel deplorare l’insegnamento intriso di odio che viene dispensato a volte da alcuni libri religiosi non cristiani, il mondo cattolico si stupisce della diffidenza di Israele nei confronti della Chiesa, la quale rappresenta invece un elemento di moderazione e di riconciliazione in grado di contribuire a servire la causa della pace.

Stefania Parisi Una panoramica di Gerusalemme

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