7 marzo 2014
Qualche giorno fa “Il Fatto Quotidiano” ha pubblicato un articolo: “Sesso a 14 anni, le adolescenti raccontano: “Se non ti fai sverginare sei una sfigata”.
Questa lettura mi ha lasciato spiazzato, a più livelli. All’inizio quasi non riuscivo ad articolare le mie perplessità, il tutto mi sembrava semplicemente strano, per non dire sbagliato.
Cercherò ora di spiegare le mie sensazioni.
1. Ma la situazione reale è veramente questa?
Questa è la prima, grande domanda che mi sono posto. Ho 23 anni, ho finito il liceo 5 anni fa. Faccio l’animatore all’oratorio, seguo da 3 anni il gruppo che ora è in 3° superiore. Non mi sembra di essere così lontano dai contesti descritti nell’articolo, sia per motivi anagrafici, sia perché ho un contatto regolare con degli adolescenti.
Eppure nella mia esperienza diretta non ho visto e non vedo situazioni simili a quelle descritte. O meglio, so indirettamente di alcuni casi simili, ma si tratta di eccezioni, non della normalità!
Ho provato a cercare una spiegazione per questa discrepanza.
Innanzi tutto mi sembra ovvio che i ragazzi e le ragazze con cui mi relaziono rappresentano una cerchia selezionata: il gruppo dell’oratorio non rappresenta un campione adatto a riflettere la situazione dei giovani adolescenti italiani, per vari motivi.
Oltre a questo motivo, mi sono chiesto se possa influire il fatto che la mia esperienza è legata ad un contesto provinciale. Saluzzo fa 17.000 abitati e, per quanto possa essere la cittadina di riferimento di moltissimi dei comuni della zone (ci sono almeno 6-7 scuole superiori), forse c’è in generale un ambiente più “protetto” rispetto ad una grande città come ad esempio Torino (dove sto da ormai 5 anni, senza però avere contatti con ragazzi di queste età).
Ragionandoci su, credo che alla fine le opzioni siano due.
A. Il mondo là fuori è veramente così, sono io ad aver vissuto in una bolla.
B. Questo articolo amplifica una situazione minoritaria, riportandola come “la normalità” (per fare notizia, per leggerezza da parte di chi scrive o che ne so). Se fosse così, sarebbe –secondo me– un atto deontologicamente gravissimo. Da un punto di vista educativo, semplicemente sbagliato. Perché presenterebbe come diffusa una situazione che diffusa non è, e ben sappiamo che gli individui più fragili sono proprio quelli più facilmente influenzabili.
2. E la giornalista?
Mi ha lasciato basito l’approccio della scrivente. Racconta fatti, storie e vissuti a mio parere terribilmente significativi… senza neanche una parola di commento. Ha trattato argomenti di questa complessità come se fossero notizie di cronaca.
Ammesso e non concesso che queste situazioni siano effettivamente la normalità, non si può e non si deve rimanere inerti. Non puoi non includere un commento. Se non della giornalista (che non mi sembra la persona più titolata per farlo) chiedi ad un esperto: uno psicologo, un sessuologo, un educatore. Chiedi a qualcuno cosa ne pensa. Innesca un dibattito, affronta l’argomento.
Credo che il peggio in cui possiamo incappare affrontando questi discorsi siano i bacchettoni e i moralisti. Ma la morale e l’etica sono tutto un altro paio di maniche.
Ogni adulto viva la sua sessualità come meglio crede, ma se fra gli adolescenti la sessualità si sviluppa in modo autonomo dall’affettività (o peggio senza che l’affettività si sviluppi), allora secondo me abbiamo un problema. (Credo che spesso i ragazzi non sappiano distinguere i bisogni affettivi dall’impulso naturale della sessualità, cercando quindi nella sessualità la risposta alla domanda sbagliata. La sessualità dovrebbe essere uno specifico ambito relazionale, non l’unico linguaggio che i ragazzi conoscono). Eppure, qui il problema è ancora più grande: i ragazzi vivrebbero l’atto sessuale senza consapevolezza, senza neanche l’obiettivo del piacere. Un puro atto fisico, senza alcun significato se non quello sociale (e –signori– come siamo scesi in basso).
I ragazzi di oggi sono la società di domani. Se la situazione è veramente questa, devi prendere posizione in qualche modo.
Studio musica, non sono un esperto: ho solo una vaga infarinatura di pedagogia e psicologia, che deriva dal corso di didattica che sto frequentando. Posso solo portare qualche anno di esperienza sul campo come animatore, tra l’altro una figura educante non formalizzata. Eppure tutto questo mi sembra così sbagliato. Mi sembra che il non prendere posizione attivamente e concretamente significhi avvallare un modello sbagliato di sviluppo della persona, della personalità, dei legami affettivi e delle relazioni sociali.
3. I grandi assenti
Gli assenti nello spaccato che emerge dall’articolo sono due.
I primi sono gli adulti. La scuola, i genitori. Possibile che gli adolescenti vivano in un mondo nascosto in cui gli adulti non riescono ad affacciarsi, ad interagire? Questa prof. di ginnastica non coinvolge il consiglio di classe, il preside? Non chiedono aiuto al Consultorio, ad uno psicologo scolastico, ad un sessuologo?
Possibile che il divario generazionale sia un abisso insormontabile? Che fine ha fatto la comunità educante scuola-famiglia?
L’altro grande assente è il maschio. Non una parola, se non vaga e transitoria, per questi ragazzi assolutamente allineati allo stereotipo del “maschio da monta”. Forse saranno loro l’oggetto della prossima puntata di questa inchiesta, ma per il momento questa assenza la trovo significativa.
Come si può pensare di cambiare la società, come si possono proporre nuovi modelli di relazione interpersonali se non si parla anche dell’altra metà del cielo? Possibile che non ci si interroghi su come qual è il vissuto di questi ragazzi, descritti unicamente come entità sessuali?
Possibile che non si riesca a fuggire dal dualismo “donna che oscilla fra ragazzina fragile e puttana” e “maschio considerato un pene con attaccato un corpo”?
Abbiamo delle vie d’uscita?
In conclusione, vorrei azzardare ancora una considerazione. Forse questo articolo non è così significativo per conoscere meglio i ragazzi e le ragazze italiane. (Almeno lo spero). Forse però possiamo capire molto su chi scrive, su chi pubblica e su come pensano chi scrive e chi pubblica. E non sono informazioni molto lusinghiere.
Beniamino Trucco
Grazie Beniamino. Senza giri di parole, con schiettezza e capacità, ha sviluppato il problema guardandolo da molti punti di vista e nello stesso tempo hai messo a nudo il livello e la qualità giornalistica che si possono trovare anche in celebrate (sic) testate nazionali.
Hai tutta la mia ammirazione.
Attenzione ai giudizi affrettati…l’articolo era il primo di una serie su questo tema e partiva dalle scuole di una grande città (Milano), dove la situazione è molto diversa dalla nostra provincia. Inoltre, ed è il problema maggiore oggi, gli adolescenti sono piuttosto sfuggevoli. Cito a titolo esemplificativo la situazione della provincia di Cuneo, dove la partecipazione alla Messa è ancora piuttosto importante, ma hanno un altissimo numero di aborti in età adolescenziale, dato ovviamente poco diffuso e che noi conosciamo dai responsabili di ufficio famiglia.
Prima di definire giudizi, sia positivi che negativi, sul reportage e sulla situazione sessuale degli adolescenti, aspetterei le prossime puntate.
Corriere di Puglia e Lucania 10 marzo 2014; Liberzione.it 9 marzo
Dal falso valore della verginità al falso valore della deflorazione
“Sesso a 14 anni, le adolescenti raccontano: «Se non ti fai sverginare sei una sfigata»”. Questo il titolo di un articolo sconcertante, avvilente, apparso su Il Fatto Quotidiano. C’è solo da sperare che rispecchi solo un’esigua minoranza delle adolescenti. Trascrivo qualche riga: “La partita di pallavolo è appena cominciata e seduti per terra, in palestra, ci sono un po’ di ragazzi che usano “l’ora buca” per fare un tifo svogliato. C’è anche la professoressa di educazione fisica, che annota con una bic blu le assenze sul registro. A interrompere tutti è una ragazza di quinta ginnasio, che invade il campo: «Finalmente mi hanno stappata!», urla, correndo attorno alla rete con le braccia alzate. «Sì, sì: mi hanno sturata ieri sera». C’è da sperare che questo squallore riguardi solo un’esigua minoranza di ragazzine italiane. Non unirsi alla persona amata, pur scambiandosi tenerezze, al solo scopo di mantenere la verginità fisica, è una sciocchezza. In tal caso la verginità è senz’altro un falso valore. Bene, le ragazzine di cui parla l’articolo, dal falso valore della verginità fisica, sono passate al falso valore opposto, ma assai peggiore, giacché si cerca d’essere sverginate da un ragazzo qualsiasi, pur non amandolo. Atre righe: “Il sesso e il piacere non hanno proprio nulla a che spartire, nelle storie che raccontano Chiara e le sue amiche. L’obiettivo non è quello, e i ragazzi sono troppo inesperti. «A nessuna è mai piaciuto scopare. La prima volta fa stra-male, e anche le volte dopo, comunque, tutto è tranne che piacevole. Ripeto: non lo fai per venire, ma per liberarti di un peso. È una questione d’immagine, di status». Squallore, sì. Nient’altro che squallore.
Elisa Merlo
A e B sono le due opzioni più estreme, in mezzo ci stanno diverse sfumature. Sicuramente l’ambiente in cui vivi tu (e ti parla uno che è cresciuto in un oratorio da animatore di gruppo…) è una “bolla”, anche se ultimamente si sta aprendo sempre più alla realtà circostante. Magari fuori, nelle compagnie più tradizionali da bar o da strada, la situazione non sarà all’estremo opposto ma è abbastanza più vicina a quanto descritto sull’articolo di quanto si possa immaginare. Ho una figlia di 14 anni, prima superiore. Tra di loro il linguaggio è esattamente quello descritto…le “intenzioni” sono proprio quelle (il sesso non come fatto emozionale o desiderio ma semplicemente come una tappa da bruciare per non sentirsi emarginati o “sfigati”).
Condivido pienamente le considerazioni sull’articolo privo di commenti o comunque di un apporto tecnico (meglio di uno psicologo) che possa indirizzare i genitori e gli educatori verso una modalità di approccio al problema.
In questa fase adolescenziale i genitori (come il sottoscritto) cercano in tutti i modi di affiancarsi al cammino dei figli senza cadere in bigotte clausure monastiche – che non servirebbero a nulla se non a incentivare la trasgressione – ne tantomeno lasciarli liberi di agire senza controllo. Personalmente, la grande difficoltà che percepisco (e come me tanti altri genitori…) è quella di riuscire a comunicare in maniera efficace messaggi che non vengano ignorati solo perchè “l’ha detto mio padre o mia madre”, mentre la voce del branco è decisamente più corretta. Perchè questo è il meccanismo infido verso il quale bisogna far aprire gli occhi ai nostri ragazzi!…alla stregua dei messaggi pubblicitari veicolati dai media, dai notiziari, dalle trasmissioni trash…quelli del branco sono messaggi molto più forti e affascinanti di quelli di un genitore. Ed è, purtroppo, una lotta impari…