24 Marzo 2014
Aborto e obiezione di coscienza. La lettera di un medico

Marzo 2014
Un episodio di cronaca recente riporta il caso di una donna che accusa un ospedale di Roma di averla abbandonata ad abortire in bagno perché in quel momento erano in servizio solo medici obiettori (ovvero che si rifiutano di praticare aborti): in particolare la donna ha definito scandaloso che non sia stato garantito il suo diritto di abortire.
Tralasciando il fatto che l’ASL ha subito smentito questa versione dei fatti (che peraltro risalgono al 2010…), se da una parte mi dispiace per l’umiliante epilogo di questa triste storia, dall’altra non capisco come si possa pensare di poter obbligare per legge un medico a praticare un aborto.
Chi come me ha studiato medicina, credo lo abbia fatto spinto dal desidero di curare le persone e non certo per essere legittimato a dare la morte! Dal mio punto di vista è già difficile giustificare deontologicamente che vi sia qualche medico che si presta a farlo, ma mi suona decisamente inaccettabile che si voglia obbligare tutti gli altri medici a rinunciare ai basilari principi morali (non uccidere e proteggere la vita degli innocenti mi sembrano sufficientemente basilari…). La signorina in questione avrebbe preteso che un medico desse la morte al suo bambino anche se convinto in coscienza di commettere un omicidio, affermando che questo è un suo diritto? I medici garantiscono il diritto alla salute e in questo caso non c’era un rischio urgente per la sua salute… La donna afferma che non riusciva ad aspettare che entrassero in servizio medici non obiettori, perché sentire il battito del bambino la metteva in una situazione insopportabile: a mio modo di vedere, questa è la dimostrazione che sentiva l’orrore di quanto aveva fretta di fare!
La signorina afferma che ha voluto denunciare questo caso perché non capiti più ad altri e perché la conquista sociale dell’aborto sia garantita a tutte le donne: anche senza rendersi conto di quanto sia triste che vi siano medici a cui dare quotidiamente la morte appare naturale, certo non si può definire una conquista sociale; credo che qualunque malato desideri un medico che lo curi senza neppure prendere in considerazione l’ipotesi di sopprimerlo, perché chi è disposto a uccidere, come può davvero avere a cuore il prossimo e curarlo con dedizione?
L’episodio ha creato una serie di polemiche, perché vi sono molti che vedono l’aborto come un diritto; ora, lo stato di diritto si basa sul principio fondamentale di tutelare il debole (che non si può difendere da solo) contro il sopruso del forte e l’innocente contro un danno ingiusto. La vita del bambino e il desiderio della madre di liberarsi di una gravidanza indesiderata sono due diritti in conflitto, ma in questo caso dovrebbe a logica prevalere quello più basilare e non v’è dubbio che il diritto a poter vivere sia più basilare di qualunque altro diritto. Dunque, è facile capire come il soggetto debole da tutelare sia sempre il nascituro, a meno che ciò metta a rischio la vita della madre: nel tal caso entrambi potrebbero fare valere il diritto alla vita e in questo unico caso l’aborto potrebbe essere inteso come “diritto” a cui non credo che in caso di urgenza alcun medico sarebbe contrario.
Tutti gli altri ragionamenti che vengono accampati per sostenere l’aborto sono sofismi per cercare di giustificare una pratica che è illegittima non solo moralmente, ma anche dal punto di vista dei diritti fondamentali dell’essere umano, poiché la gestante non è a rischio se non in pochissime condizioni (la gravidanza non è una patologia, ma una condizione fisiologica). Alcuni sostengono che la donna deve avere il diritto di decidere del suo corpo, ma con l’aborto la madre non decide di se stessa, perché il concepito non fa parte del suo corpo, bensì è un essere autonomo, dotato di corredo genetico assolutamente individuale, quindi è un individuo a tutti gli effetti: ancorché non sia “registrato” all’anagrafe dello Stato perché non ancora nato, tuttavia vive in modo indiscutibile; quanto al fatto che per vivere dipenda dalla madre, questo non cambia neppure alla nascita, perché se abbandonato a se stesso nessun bambino potrebbe sopravvivere…
Quindi, comunque si voglia porre la questione, per essere intellettualmente onesti le conclusioni si tirano da sole: la stragrande maggioranza degli aborti non sono altro che omicidi e non credo che questo si possa pretendere un diritto o una conquista sociale!
dr. Mario R. Cappellin
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