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Regione. I beni ecclesiastici non si vendono!

Regione. I beni ecclesiastici non si vendono!

Al Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale è giunta la segnalazione che alcuni sacerdoti piemontesi sono stati contattati al telefono da persone (presentatesi come commercianti d’arte o antiquari lombardi) che si sono dichiarate disponibili ad acquistare beni ecclesiastici per sostenere le parrocchie nelle difficoltà economiche derivanti dal periodo di isolamento imposto per il contenimento della diffusione del virus Covid-19.

Nel caso di contatti simili il Nucleo Carabinieri raccomanda di denunciare questi tentativi al più
vicino comando dei Carabinieri giacché la compravendita non autorizzata dei beni di proprietà
ecclesiale – oltre a costituire danno al patrimonio culturale nazionale – è una fattispecie penale espressamente prevista dalla normativa vigente. Infatti tutte le cose mobili o immobili con più di 70 anni di proprietà degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti – al pari di quelli che appartengono allo Stato, alle Regioni, agli altri Enti Pubblici territoriali, agli istituti pubblici, alle persone giuridiche private senza fine di lucro – sono presuntivamente considerati culturali e dunque soggetti al regime della inalienabilità.

Solo un accertamento tecnico dell’Autorità che rilevi l’assenza dell’interesse culturale del bene e lo classifichi di natura comune, può autorizzarne lo scarto o la vendita. In caso contrario, i beni restano sottoposti alla tutela giuridica del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. La Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio competente per territorio è l’unico soggetto titolato a rilasciare  la dichiarazione di culturalità dei beni, dopo un accertamento formale ed un procedimento amministrativo tutelato dalle garanzie previste dalla legge. Non ha pertanto valore qualunque altra perizia che dichiari senza valore culturale gli oggetti e ne proponga per vie brevi lo scarto o la vendita.

CS

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