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Approfondimenti  

Per il ritorno del padre

Per il ritorno del padre

«C’è un solo avventuriero al mondo, e ciò si vede soprattutto nel mondo moderno: è il padre di famiglia. Gli altri, i peggiori avventurieri non sono nulla, non lo sono per niente al suo confronto. (…) Tutto è sapientemente organizzato contro di lui. Tutto si rivolta e congiura contro di lui. Gli uomini, i fatti; l’accadere, la società; tutto il congegno automatico delle leggi economiche. E infine il resto. Tutto è contro il capo famiglia, contro il padre di famiglia; e di conseguenza contro la famiglia stessa, contro la vita di famiglia. Solo lui è letteralmente coinvolto nel mondo, nel secolo. Solo lui è letteralmente un avventuriero, corre un’avventura. Perché gli altri, al maximum, vi sono coinvolti solo con la testa, che non è niente. Lui invece ci è coinvolto con tutte le sue membra […]».

Sulla scia di quanto asserisce Charles Péguy in “Véronique. Dialogo della storia e dell’anima carnale”, (Piemme, 2002, p. 103), vorrei provare a individuare gli snodi di quella congiura. Si tratta di un lungo e mortifero processo che nel corso dei secoli ha ferito l’uomo, fino al punto di fargli smarrire i propri identità e ruolo, e impedirgli un sano rapporto con la donna/moglie e i figli; come succede oggi, punto di arrivo di quel processo. Quindi, un lavoro indispensabile se si vuole capire l’importanza del padre e come difenderlo. Il processo ha un nome: Rivoluzione. Essa è l’empietà, l’odio contro Dio, che è cagionato dall’orgoglio e dalla sensualità e che risulta dall’illusione-delusione conseguente all’accoglimento dell’invito satanico all’utopia, espresso dall’”eritis sicut Deus” della Genesi. Poiché Dio è irraggiungibile, l’odio rivoluzionario si scaglia contro le sue opere, anzitutto contro l’ordine dell’universo, giacché il mondo ordinato è riflesso della perfezione divina. L’odio contro Dio, divenuto odio contro l’ordine del mondo, si articola poi in odio contro la ragione, che riconosce e disvela tale ordine, e in odio contro la tradizione, che è possibilità di tramandare la lettura dell’ordine del mondo compiuta dalle generazioni passate. E a questo ordine è legato, appunto, il rapporto complementare tra uomo e donna “maschio e femmina li creò” (Gen 1, 26-27). Un fatto fondamentale che anche i non credenti possono capire, come dimostra la storia del mondo romano e greco, che poi fu abbracciato e “infinitamente” migliorato dall’irrompere nella storia cristianesimo.

Seguendo il frutto del lavoro – in particolare Rivoluzione e contro-rivoluzione – del filosofo e storico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (tra i “felici pochi” che lo hanno compreso e spiegato bene) possiamo scendere nel dettaglio…

 La rivoluzione francese

 È la II, perché la I è stata protestante-assolutista, che, eliminando i sacramenti, il culto dei santi, della madonna, ha affermato che tutti siamo soli di fronte a Dio Padre, senza avvocati, intercessori, mediatori; e di conseguenza ha distrutto i legami religiosi della società, che facevano dell’Europa medievale un’unica Cristianità.

Tale rivoluzione ha dunque favorito quella francese, di stampo liberale-illuminista (arrivato dall’Inghilterra della rivoluzione puritana) che ha reso gli uomini ancora più soli, senza legami se non quelli verticali con lo Stato: l’individuo non è più persona, ma cittadino, deve cioè la sua identità allo stato; vengono aboliti gli stati – ossia le classi sociali: clero, nobiltà e borghesia -, gli ordini religiosi, le confraternite, le corporazioni professionali…

In somma, furono aboliti tutti gli organi intermedi che limitavano l’invadenza del “Leviatano” nella vita delle persone. Ma essa si caratterizza anche per un altro fattore, è stata la prima a dichiarare guerra al padre, e lo ha fatto nel momento in cui ha portato alla decapitazione di Luigi XVI nel 1793.

“Tagliando la testa di Luigi XVI la rivoluzione ha tagliato la testa a tutti i padri di famiglia”, afferma il duca di Chaulieu in Memorie di due giovani spose di Honoré de Balzac (1799-1850). Non a caso i giacobini “abolirono” la patria potestà per i maggiorenni e che i figli sarebbero stati allevati dallo stato e non più dalle famiglie. E sempre di proposito nel 1971 nacque il femminismo, per opera  di Olympe de Gouges, che pubblicò la dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina per opporsi al principio di organicità tra uomo e donna, basato sulla complementarietà dei ruoli. La rivoluzione francese gettò le basi delle guerre e delle ideologie che hanno insanguinato i 150 anni successivi.

 

La III rivoluzione: il socialismo marxista

Esplose tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. Questa nuova forma del fenomeno rivoluzionario si proponeva di abolire la proprietà privata e i superstiti legami economici delle precedenti rivoluzioni, consegnando la gestione dell’economia e la società allo stato. Il comunismo continuò anche la guerra contro il padre e il resto della famiglia, sia con il riprendere il femminismo sia con scritti ad hoc, come quello di Friedrich Engels (1820-1895) L’origine della famiglia, della proprietà privata dello stato. In quest’opera Engels sostiene che un tempo esisteva una società nella quale non solo i beni erano in comune, ma uomini e donne si accoppiavano liberamente; i figli nati da questi erano allevati da tutto il clan e la donna, essendo la discendenza verificabile solo seguendo una linea femminile, aveva un ruolo di prestigio definito matriarcato; in sintesi: sostiene che la famiglia sia nata per permettere all’uomo di sfruttare la donna. Attenzione, questo odio per la famiglia diventerà il motivo principale della rivoluzione successiva.

 

IV rivoluzione: il ’68 (tutt’ora in atto)

Dopo che l’ordine macrosociale è stato negato e sconvolto dalle rivoluzioni precedenti, questa spinge a distruggere i legami microsociali, la famiglia in primis, ché è la più importante microsocietà; e lo fa mediante l’individualismo, il divorzio, il femminismo radicale, l’aborto, l’eutanasia, che fomentano lo scontro dialettico tra genitori e figli, allo scopo di rendere le persone totalmente sole e prive di radici. In questo modo più facili da sottomettere e controllare.  Il filosofo Augusto Del Noce riportava in (“profetici”) Appunti per una filosofia dei giovani, scritti proprio in quell’anno: “la liberazione sessuale voleva abbattere l’istituto sociale repressivo per eccellenza, ossia la famiglia monogamica tradizionale in quanto portatrice dell’idea di tradizione cioè di un ordine di verità immutabili da, appunto, tradere, trasmettere, consegnare da una generazione all’altra.

Se infatti non esiste alcun ordine di valori immutabili e di verità meta-empiriche, ne consegue che la famiglia, deputata alla trasmissione di quell’ordine, non ha più motivo di esistere”. Difatti i fautori del ’68 – come Wilhelm Reich – sostenevano che «l’idea di matrimonio monogamico indissolubile e le correlative (pudore, purezza, continenza) sono legate a quella di tradizione che, a sua volta, in quanto “tradere” è consegnare, presuppone quella di un ordine oggettivo di verità immutabili e permanenti…

Ma se noi separiamo l’idea di tradizione da quella di ordine oggettivo, essa deve di necessità apparire come il “passato”, come “ciò che è superato”, come “il morto che vuole soffocare il vivo”; come ciò che deve essere negato per poter ritrovare l’equilibrio psichico. All’idea del matrimonio indissolubile, deve sostituirsi l’unione libera, rinnovabile o solubile in qualsiasi momento. Non si può parlare di perversioni sessuali, anzi le forme omosessuali, maschili o femminili, dovranno essere considerate come le forme pure dell’amore». Inoltre, la rivoluzione sessuale è tanto distante dall’idea di tradizione, e quindi di passato, quanto da quella di avvenire e di futuro tipica della rivoluzione politico-sociale. La liberazione sessuale è puro presente, senza passato e senza futuro. Da ciò la ricaduta nell’animalismo “pornocratico e narcotico”.

“Regime” che a tutt’oggi appare come forte, giacché sostenuto dall’alleanza neo-borghese che dal ’68 a oggi è diventata sempre più forte (e che potrebbe essere definita base di una V rivoluzione), quella tra marxisti, libertini “radical-chic” e il capitalismo dell’impero monetario, che vedeva nella loro rivoluzione sessuale l’opportunità per controllare le persone: essendo felici per via sessuale, gli uomini non avrebbero ceduto alle sirene delle rivendicazioni salariali e alle spinte eversive. Questo spiega anche come mai nella società del benessere e del consumismo possono benissimo sussistere le diseguaglianze economiche.

Così si capisce perché oggi l’uomo e la donna non riescono a essere preziosi e complementari alleati, perché hanno ceduto alla dialettica tra i sessi, nella quale all’uomo spetta il ruolo del cattivo.

Per rinvigorire la paternità e contrastare le conseguenze delle rivoluzioni (in particolare di quella sessuale), come il gender diffuso da intellettuali radical quali Judith Butler, che respingono l’esistenza di dati oggettivi e naturali (maschile e il femminile compresi) che ci precedono – grazie all’ordine citato all’inizio – e che a noi sono dati scoprire, ma non creare, è necessario riscoprire lo specifico maschile. Ci aiutano gli studi di autorevoli psicoterapeuti come Mariolina Ceriotti Migliarese, Claudio Risè, che in diversi libri  hanno trattato i temi del maschile e i problemi che derivano dalla profonda crisi  del padre nelle società contemporanee.

I significati più profondi del maschile sono da ricercarsi nel simbolo maschile per eccellenza, il fallo, antico simbolo del sapere, del potere e del piacere. Il fallo ricorda al maschio che il punto centrale della sua identità è il tema dell’abbondanza, del dono e dell’agire senza troppi calcoli, per immettere nel mondo vita, generare ricchezza materiale ma anche spirituale; insomma, il maschile si esprime nel generare figli, idee, pensieri, progetti. A questo si ricollega l’idea che la forza maschile si manifesta nello spendersi, nel rischiare, che sono l’esatto contrario dell’atteggiamento di risparmiarsi così caratteristici delle società odierne, che potremmo definire come la società del preservativo e delle assicurazioni: il vero segno distintivo del maschile invece su una generosità capace di guardare lontano, di pensare al futuro. Il fallo richiama anche un altro tema fondante, il tema della potenza, che non va assolutamente confuso con la prepotenza, oggi purtroppo molto diffusa, e di cui è in fondo l’esatto contrari. Potremmo, anzi, affermare che la prepotenza è segno certo di fragilità immaturità, non di forza, e che aumenta livello individuale e sociale in parallelo con impoverirsi della vera potenza maschile.

La potenza del maschile infatti non è legato alla sopraffazione ma alla capacità di controllo, di dominio, in primo luogo su di sé. Si tratta del potere di far crescere il proprio sapere, le proprie qualità, per agire in modo trasformativo sul mondo. Si tratta inoltre del potere di proteggere lo sviluppo dell’altro più delicato (il figlio, la donna, l’anziano) verso il quale si avverte una responsabilità vincolante. Per questo, se all’uomo sarà permesso di esperire quanto riportato poc’anzi, e alla donna il suo specifico femminile, essi potranno tornare a sostenersi sia prima di, sia – e soprattutto – dopo aver fondato una famiglia. La differenza dei codici simbolici che guidano naturalmente il comportamento di ciascun genitore non nasce infatti per provocare contrapposizioni o per far prevalere l’uno sull’altro; esiste invece per farli completare e come risorsa educativa fondamentale per aiutare il bambino a crescere in modo equilibrato.  Ogni bambino ha infatti bisogno per crescere bene di due apporti fondamentali: ha bisogno di ricevere amore e cura gratuiti, tipici del codice materno, quanto ha bisogno di ricevere una decisa spinta verso l’autonomia e la crescita, tipici del codice paterno. Indispensabili per lo sviluppo armonico e organico dell’uomo, della donna, delle società e della storia intera.

Oggi l’Europa e il resto dell’occidente sembrano sempre più immerse in una notte che si può paragonare a quella della “caduta di Troia”…

Quindi, non si deve soltanto desiderare con Telemaco: “Se quello che desiderano i mortali potesse avverarsi, per prima cosa vorrei il ritorno del padre” (Odissea, XVI, vv. 175-176) ma occorre anche avere la pietas dell’eroe virgiliano, ossia prendere sulle proprie spalle gli “Anchise/i padri/la paternità per portarli in salvo, lontani dall’incendio”.

 

Daniele Barale

padre

Bibliografia

 Appunti per una filosofia dei giovani, Augusto Del Noce, Vita e Pensiero, Milano, 1968.

Filosofia cristiana e politica in Augusto Del Noce, I libri del Borghese,  Luca Del Pozzo, Roma, 2019.

Quello che gli uomini non dicono. La crisi della virilità, Roberto Marchesini, SugarCo, Milano, 2011.

Le virtù. Il cammino del cavaliere, Roberto Marchesini, SugarCo, Milano, 2019.

La famiglia imperfetta. Come trasformare ansie & problemi in sfide appassionanti, Mariolina Ceriotti Migliarese, Edizioni Ares, 2011.

 

Questo elaborato è tra quelli risultati vincitori della XXXIII edizione del Premio Internazionale A. Solinas, dal titolo “Papà! Niente di più semplice, nulla di più essenziale”.

 

 

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