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L'Osservatore Romano: 160 anni di storia

L'Osservatore Romano: 160 anni di storia

«Unicuique suum, A ciascuno il suo» e «Non praevalebunt, (Le porte degli inferi) non prevarranno» (Matteo 16,18). Da 160 anni è il motto de «L’Osservatore Romano», fondato il 1° luglio 1861, tre mesi e mezzo dopo la dichiarazione del Regno d’Italia, il 17 marzo 1861, nato per volere di Pio IX, l’ultimo papa-re, per contrastare l’unità e il Regno d’Italia. Non è un organo ufficiale della Santa Sede – lo sono gli «Acta Apostolicae Sedis» – ma lo è limitatamente alle rubriche «Nostre Informazioni» e «Santa Sede». Sono cinque le fonti delle notizie: «L’Osservatore Romano» il più antico; «Radio Vaticana» fondata da Pio XI nel 1931; «Sala Stampa vaticana» sorta ai tempi del Concilio Vaticano II (1961-62); «Centro Televisivo vaticano», istituito da Giovanni Paolo II nel 1996; Dicastero per la comunicazione sociale istituito da Francesco nel 2015 con compiti di coordinamento e gestione.

«L’Osservatore Romano» esce a Roma nel 1849 diretto dall’abate Francesco Battelli come continuazione de «Il Costituzionale». Nel 1852 chiude dietro richiesta di Massimo d’Azeglio, ministro degli Esteri del Regno di Sardegna, perché alcuni articoli sembrano offensivi per i Savoia. Il nuovo quotidiano è fondato dagli avvocati Nicola Zanchini e Giuseppe Bastia, appoggiati da Marcantonio Pacelli, nonno del futuro Pio XII, dirigente del ministro dell’Interno vaticano. Con l’appoggio di Pio IX, nel 1861 il giornale vede la luce per rappresentare le posizioni della Santa Sede, contrastare la stampa liberale, «smascherare e confutare le calunnie che si scagliano contro Roma e il pontificato», nella convinzione che «il male non avrà l’ultima parola. Non praevalebunt». Esce tutti i giorni, tranne il lunedì, nel primo pomeriggio con la data del giorno successivo; è di 4 pagine, la quarta di annunci pubblicitari; costa 5 baiocchi (27 centesimi di lire).

Il 15 maggio 1891 pubblica la «Rerum novarum» di Leone XIII, l’enciclica sociale che i vescovi del Piemonte ignorano completamente, mentre largo spazio danno alle encicliche dottrinarie. Segue da vicino i lavori del Concilio ecumenico Vaticano I (1869-70): il direttore Augusto Baviera raccoglie e riassume gli interventi nella rubrica «Cose interne». Nel 1909 inaugura una rubrica di arte, sport e teatro. Dedica la massima attenzione alla «Questione romana». Durante la Grande Guerra (1914-18) segue una linea neutrale e imparziale. Pio XI aumenta il capitale, acquista una tipografia che consenta maggiore autonomia; il 10 luglio 1920 chiama alla direzione Giuseppe Dalla Torre: durerà 40 anni (1920-60); apre a giovani cattolici contrari al regime fascista: Federico Alessandrini, Igino Giordani, Guido Gonella. Con i Patti Lateranensi (11 febbraio 1929) e la Conciliazione tra Chiesa e Italia, «L’Osservatore» non è più soggetto alla legislazione italiana.

Degli anni Trenta è lo scontro con il regime fascista: il primo è sull’Azione Cattolica a difesa della quale Pio XI pubblica l’enciclica «Non abbiamo bisogno». Il 3 maggio 1938 Adolf Hitler giunge a Roma in visita ufficiale. Pio XI, temperamento combattivo, «si ritira» a Castelgandolfo perché – scrive «L’Osservatore» – l’aria della Città Eterna «gli faceva male». Fa spegnere le luci in Vaticano, fermare le tapparelle alle finestre, chiudere i Musei Vaticani, sbarrare la via d’accesso a San Pietro. Al nunzio in Italia e ai vescovi italiani proibisce di partecipare ai ricevimenti. Ordina a «L’Osservatore» di non fare alcun accenno all’incontro tra Hitler e Mussolini, come era avvenuto per la visita di Mussolini in Germania nel settembre 1937. Il 6 settembre 1938 Papa Ratti pronuncia un celebre discorso: «Non è possibile ai cristiani aver parte all’antisemitismo. Riconosciamo a chiunque il diritto di difendersi, di prendere delle misure per proteggersi contro tutto ciò che minaccia i suoi legittimi interessi. L’antisemitismo è inammissibile. Noi siamo spiritualmente semiti».

Pio XII

Tenta di impedire il misfatto della legge «per la tutela della razza ariana». Nel novembre 1938 per Pio XI «tutto questo è enorme. Sono veramente amareggiato come Papa e come italiano». Rincara la dose il segretario di Stato Eugenio Pacelli: «Mussolini pensi bene a quello che fa. Molti italiani, anche in alto sono malcontenti di Mussolini. È un vulnus al Concordato». Il Papa scrive al duce, che non risponde; protesta con Vittorio Emanuele III perché ci sono norme in contrasto con il Concordato e lamenta che Mussolini non lo ha preso in considerazione. La critica vaticana è molto severa. Totale è la ripulsa di nazismo, fascismo e comunismo. Dopo il «Manifesto della razza» (28 luglio 1938) Pio XI afferma: «Tutto il genere umano è una sola, grande, universale razza umana» e si chiede «come mai, disgraziatamente, l’Italia abbia avuto bisogno di andare a imitare la Germania». Il 13 novembre il cardinale arcivescovo di Milano Alfredo Ildefonso Schuster, di cui erano note le simpatie mussoliniane, in un’omelia confuta «l’erronea dottrina del razzismo, una specie di eresia che costituisce un pericolo internazionale non minore del bolscevismo».

Papa Paolo VI

«L’Osservatore» pubblica i testi e il gerarca nazista Joseph Goebbels chiede di sopprimere il giornale vaticano. Il 24 novembre pubblica il discorso del cardinale arcivescovo di Malines Jozef-Ernest van Roey, primate del Belgio, di condanna della «dottrina del sangue e della razza». Nel 1939 mons. Giovanni Battista Montini, sostituto della Segreteria di Stato, affida ai giornalisti de «L’Osservatore» il servizio d’informazione della Santa Sede. La tiratura sale fino a 100 mila copie perché è l’unico giornale libero con le analisi «Acta Diurna» e «Problemi del giorno» curate da Guido Gonella, espressione di libertà e spina nel fianco di Mussolini. Con l’ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale (10 giugno 1940) gli spazi del giornale si riducono.

Giovanni Maria Vian

Il quotidiano diffonde le novità del Concilio Vaticano II (1962-65) nel mondo sotto la direzione di Raimondo Manzini. Il direttore Giovanni Maria Vian nel terzo millennio introduce il colore, apre alla collaborazione con i non cattolici, assume la prima donna in redazione. Nel 2020 la stampa del quotidiano è sospesa per la pandemia (26 marzo-3 ottobre). Il giornale è pubblicato settimanalmente in diverse lingue: francese dal 1949; inglese (1968) distribuito in 129 Paesi; spagnolo (1969); portoghese (1970; tedesco (1971); polacco (1980); l’indiana malayalam (2007).

Pier Giuseppe Accornero

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