11 Maggio 2021
#cronacheafricane. In Burkina niente di nuovo: il terrorismo uccide, la gente scappa

Quando alcune settimana fa certi giornali di Ouagadougou scrivevano di un calo degli attacchi terroristici, monsignor Pier Giorgio Debernardi aveva definito illusori questi articoli e che il terrorismo purtroppo non era sconfitto. E dopo pochi giorni sono riprese le notizie di attacchi jihadisti e della fuga in massa delle popolazioni inermi.

Come la mattina del 19 aprile, quando un centinaio di terroristi ha preso d’assalto l’abitato di Koumbry (a 30 km da Oahigouya), «spargendo terrore tra la popolazione – racconta Debernardi – che ha cercato rifugio nella campagna o in località vicine, mentre i terroristi hanno bruciato case, botteghe e rubato molto bestiame». Questi sfollati, intervistati da alcuni giornali, hanno gridato la loro disperazione – “Lo Stato ci ha abbandonati” – per non essere state difese ed essere state obbligate a fuggire. «Proprio qui sta la strategia perversa del terrorismo – spiega il vescovo emerito di Pinerolo -: seminare paura di morte per obbligare la gente a lasciare le loro abitazioni.

Nella notte tra il 26 e il 27 aprile un altra squadra di terroristi su motociclette ha preso d’assalto tre villaggi nel comune di Seytenga a 41 km da Dori sul confine verso il Niger. «In uno dei tre villaggi, Kougre, sono stati uccisi 18 uomini (più un ferito grave trasportato in ospedale a Ouagadougou). Tutti i tre villaggi sono stati depredati e incendiati».
Sempre il 26 aprile è stato preso d’assalto un convoglio militare che percorreva la strada di Fada N’Gurma nel sud est del Burkina, nei pressi della riserva di Pama (nascondiglio dei terroristi). Nel convoglio c’erano anche tre giornalisti, due spagnoli e un irlandese, che stavano facendo un’inchiesta sui danni causati dai terroristi alla riserva/foresta. Parecchi sono stati i feriti e i dispersi, mentre i tre giornalisti e un loro accompagnatore burkinabè sono rimasti uccisi. A queste morti la stampa internazionale ha dato ampia copertura, a differenza di quando le vittime sono africane. «Eppure – ricorda monsignor Pier Giorgio – questi attentati sono pane quotidiano, nel nord e nel sud del Paese».
La scia di morte è proseguita il 3 maggio, quando nelle prime ore del mattino un grande numero di terroristi ha attaccato il villaggio di Kodyel (nella provincia di Komandjari), spargendo terrore e morte. Incediate case e granai, rubato il bestiame, trucidate trenta persone e tutta la popolazione dei villaggi vicini costretta alla fuga in cerca di luoghi più sicuri. Davanti a queste strazianti notizie, l’opposizione al Governo non esita ad affermare che “in Burkina ci sono ormai due Stati”. E quello jihadista non sembra il più debole!
Altri attacchi sono arrivati l’8 e il 9 maggio proprio in una zona cara a Debernardi e agli amici che negli anni ne hanno appoggiato i progetti di cooperazione. «Un camion militare sulla strada tra Sebba (dove ci sono le scuole don Barra) e Mansila, un camion militare ha subito parecchi danni passando sopra una mina esplosiva. Nessun morto, ma diversi feriti gravi». E ancora: «Nella notte tra l’8 e il 9 maggio nel villaggio di Ti-n-Akof nel nord del Sahel tre uomini sono stati uccisi, altri dispersi». Incalcolabili i danni provocati dal saccheggio di viveri e bestiame. A testimonianza delle difficoltà incontrate dall’esercito nel raggiungere i luoghi degli attacchi – ad esempio Yagha, Seno e Oudalan (regioni a nord del Sahel al confine con il Niger) sono in mano a gruppi di terroristi – per portare loro un po’ di sollievo si stanno paracadutando sui villaggi prodotti farmaceutici e alimentari».

Anche ieri (10 maggio) la strada che da Kaya porta a Dori – che dalla capitale porta al nord nel Sahel – è stata bloccata dai terroristi qualche chilometro dopo Pissila. E all’altezza del comune di Tougouri, «i ribelli hanno preteso di controllare le generalità di tutte le macchine in transito». Con l’effetto di amplificare quella psicosi del terrore, che sta avvolgendo tutti i villaggi. «È una intimidazione e una sfida del terrorismo all’esercito regolare – commenta Debernardi – che proprio a Kaya ha una sede di comando molto importante. Ci si domanda: che segnale vogliono dare i terroristi con queste provocazioni? Non dimentichiamo che mercoledi e giovedi c’è la festa di fine Ramadan. E per i cristiani giovedi è la festa dell’Ascensione (che in Burkina è giorno festivo). C’è un’allerta generale. Si fa sempre più strada la convinzione che se i Paesi toccati dal terrorismo non uniscono le forze, il terrorismo diventerà sempre più prepotente».
LASCIA UN COMMENTO
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Visualizza l'informativa privacy. I campi obbligatori sono contrassegnati *