Davanti a una cartina del mondo quanti saprebbero individuare la Repubblica Democratica del Congo? Pochi probabilmente. Ancor meno riuscirebbero a indicare il Kivu.

E chissenefrega del Kivu, potrebbe obiettare qualcuno. In realtà sono in molti ad interessarsi a questa provincia orientale del Congo, al confine con Rwanda, Burundi e Uganda, che da anni viene martoriata da gruppi militari più o meno ufficiali. Come ricorda sempre nelle sue testimonianze don Giovanni Piumatti, missionario in quelle terre da quasi 50 anni, il Congo è una terra ricchissima dal punto di vista naturalistico e minerario; in particolare, il Kivu possiede materie prime come il Coltan, un minerale fondamentale per l’hardware di smartphone e computer e per l’emergente tecnologia delle auto elettriche.

Spesso la soldataglia rapisce i bambini per costringerli a infilarsi in pericolosi cunicoli alla ricerca di minerali, ma i mandanti sono internazionali. Gli stessi che, col benestare interessato del Governo, scacciano le comunità che da secoli abitano un territorio per iniziarne lo sfruttamento anche agricolo. Molto del benessere dei paesi del “primo mondo” – cellulari e computer, come tè, caffè, cacao – è sporco del sangue del Congo e di altri paesi.

Ranger trucidati

Ma non sono le ingerenze straniere per impadronirsi delle sue risorse a far parlare del Kivu. Quelle rare volte che assurge agli onori della cronaca internazionale, infatti, lo si deve a fatti cruenti, come la recente – 25 aprile – strage di ranger (si parla di diciassette vittime) nel parco naturale di Virunga. Anche in questo caso, però, le notizie filtrano, ma in modo frammentario – lo stesso numero dei morti non è così certo – e senza andare a fondo delle cose. Pare certo che l’assalto ai ranger sia stato attuato da un vero e proprio commando militare probabilmente per lanciare un segnale.

Il funerale dei ranger uccisi nel Parco Naturale di Virunga

Nella zona del Parco i ranger sono, infatti, l’unica, benché sottopagata, autorità, gli unici che provano a difendere non solo ambiente e animali, ma anche le persone (e sono milioni) che vivono in quei paraggi. Alle milizie che gravitano nell’area interessa appropriarsi delle risorse custodite nell’area del parco (dove di recente è stato scoperto anche il petrolio) per finanziarsi, trovando una comoda spalla nei paesi confinanti dove le materie prime congolesi, esportate illegalmente, diventano “disponibili” per le potenze occidentali e orientali (anche la Cina fa parte della partita). Tragedia nella tragedia, le famiglie dei ranger uccisi rischiano di trovarsi in mezzo a una strada, infatti le case in cui vivono sono governative e destinate ad alloggiare i sostituti dei ranger morti. In soccorso di orfani e vedove i Padri Saveriani presenti in zona faranno il possibile, ma ogni aiuto è da parte loro certo ben accetto (facendo riferimento alla Casa madre di Parma).

L’inondazione di Uvira

Spostandosi un po’ più verso sud non è che la situazione sia migliore. Lo scorso 17 aprile un’alluvione causata dallo straripamento dei tre fiumi (Kavimvira, Mulongwe et Kalimabenge) che attraversano la città ha colpito Uvira. L’assenza di argini e il disboscamento incontrollato dei vicini monti tra le cause. Il primo bilancio conta decine di persone morte, ma all’appello sono molte di più a mancare, chi sepolto dal fango, chi trascinato nel lago Tanganika. Per i sopravvissuti non va molto meglio tra strade interrotte e ponti crollati e quasi 78mila persone (un terzo della popolazione) rimaste senza casa.

I bambini serpente

La piaga maggiore che affligge specialmente Nord e Sud Kivu sono le soldataglie (straniere o congolesi non fa differenza) che imperversano sul territorio e lo hanno reso – come raccontano alcuni testimoni – la “capitale mondiale dello stupro”. Qualche decina di persone armate bastano a prendere in ostaggio un villaggio e, separate le donne dagli uomini, mettersi a turno a violentare le donne (quando non anche i bambini) di fronte ai loro padri e mariti. Uomini e donne la cui umiliazione persiste anche quando le milizie se ne vanno. La sorte peggiore tocca però ai bambini generati da questi stupri. Se la cultura africana custodisce la vita, questi figli della violenza finiscono comunque per essere emarginati siccome ricordano con la loro presenza alla madre lo stupro e al resto del villaggio l’umiliazione di non averlo saputo impedire. Pur innocenti, i bambini serpente, così vengono chiamati, diventano col tempo potenziali prede (e sono migliaia) della propaganda dei terroristi. Così la violenza da cui sono nati, continua a diffondersi.

GUIDO ROSTAGNO