29 Novembre 2024
Angelo Stefanucci: una vita per il Presepio
A trentaquattro anni dalla morte, un ricordo di Angelo Stefanucci, fondatore dell’Associazione Italiana amici del Presepio e massimo storico italiano del Presepio.
Trentaquattro anni fa ci lasciava Angelo Stefanucci. Fondatore dell’Associazione Italiana amici del Presepio, presidente della stessa dal 1953 alla sua scomparsa nel 1990, massimo storico italiano del Presepio.
Angelo è stato “l’Associazione”, è stato il Presepio. Perché il Presepio era per lui una missione, era un ideale che gli urgeva dentro e a cui ha dedicato, in forma pressoché esclusiva, tutta la vita.
La famiglia Stefanucci era originaria di Subiaco: dalla metà dell’ 800” si trasferisce a Roma; qui il nonno fa il giardiniere del Quirinale sotto il pontificato di Pio IX e qui Angelo nasce il 7 Settembre 1905. Fattosi giovanotto trovò impiego presso una famosa vetreria di Roma, la “San Paolo”.
Farò un breve riepilogo, toccando le tappe principali della sua “carriera”. Come per tutti i presepisti e chi scrive si facilmente in questi, anche per Angelo i primi presepi furono quelli di casa: voleva però presepi sempre più grandi: aveva il desiderio di riprodurre tutta la Palestina, non si accontentava di una piccola stalla o grotta. Così a diciassette anni “emigra” (come presepista) e costruisce il suo primo presepio “esterno” nella chiesa romana di S. Maria in Via. Era il 1922 (l’anno della fatidica marcia su Roma) e Angelo allestisce nei locali parrocchiali un presepe da 10 mq. Ma Angelo voleva un presepe molto più grande: l’anno successivo, nel 1923, costruisce nella sala teatro della sua stessa parrocchia il suo primo presepe pubblico che occupava tutto il palcoscenico, in cui si entrava nella grotta, arricchito da “visioni” di riflesso grazie all’uso di vari specchi; una vera chicca per l’epoca. Il tutto costruito in cartapesta per un’altezza di 5 metri. Stefanucci non aveva statue adatte per quelle dimensioni, ma qui lo aiutò la sua seconda passione, dopo il Presepio: quella per il teatro e il melodramma. Così con la collaborazione della mamma sarta, trasformò in pastori e angeli le sue marionette di Colombina, Balanzone e Brighella. Successivamente spostò in un’altra chiesa romana la sua opera presepistica. Nell’anno Santo 1933, accanto al presepio, introdusse un’autentica novità per quegli anni: otto diorami sul tema della Passione, dell’ultima cena e della Resurrezione.
Pur tra mille difficoltà, la sua opera proseguì anche durante il triste periodo dell’occupazione nazista di Roma, seppur con presepi di dimensioni ridotte. Ma già nel 1946, ottiene di poter allestire il presepio nella chiesa di S. Bernardino. Lì rimane per molti anni realizzando i più grandi presepi della sua vita: circa 120 mq, con una tela come fondale di 25 metri di lunghezza e 7 di altezza. Un po’ per volta incrementò le costruzioni e nel 1950 arrivò a presentare un presepe con case alte 2 metri e un paesaggio che ricostruiva tutta la Palestina. Straordinarie le innovazioni che Angelo seppe introdurre nei suoi presepi: oggi possono sembrare cose normali o banali ma furono vere novità per l’epoca, tenendo conto dei materiali e dei mezzi che poteva avere a disposizione. Nel 1956 chiuse la sua attività presepistica a San Bernardino e si dedicò ad altre attività.
Stefanucci e le mostre presepistiche
Naturalmente questo non significa che dal 1956 Stefanucci non costruì più presepi: semplicemente iniziò a organizzare e allestire mostre, con presepi dalle più svariate provenienze ma anche con tanti presepi suoi.
Le mostre più importanti sono state quelle presso l’Istituto Angelicum di Milano. La prima nel 1957: ne seguirono altre otto. Furono un evento unico e oggi irripetibile: Stefanucci riuscì a ottenere in prestito opere prestigiose e di valore inestimabile. Sono i presepi di: Volterra, Pomarance, Scicli, Ambrogio della Robbia di Siena, S. Eustorgio di Milano, Portici, Castellamare di Stabia e altri ancora (sarebbe necessario un approfondimento per queste opere ma per non dilungarmi troppo, delego al web questa attività).
Fu enorme l’eco che queste esposizioni riscossero sulla stampa italiana e estera. Le mostre organizzate da Stefanucci non si limitarono mai a una mera esposizione di pezzi: furono sempre accompagnate da un filo conduttore, corredate di un vasto e completo supporto informativo e costituiscono delle vere e proprie “lezioni” sul Presepio che contribuirono a farlo conoscere meglio. Alcune mostre oggi molto conosciute nacquero con Stefanucci: quella dei “100 Presepi” a Roma e quella presso l’Arena di Verona, di cui Angelo curò le prime edizioni a partire dal 1984.
Nel 1953 Stefanucci convinse il comune di Roma ad allestire un Presepio in P.zza Navona e a suggerire al Vaticano quali statue utilizzare per il grande Presepio in P.zza S. Pietro voluto da Papa Giovanni Paolo II nel 1982 per la prima volta. Angelo fece conoscere ai presepisti italiani un mondo fino allora ignorato ai più: quello del presepismo spagnolo e catalano. Importò in Italia la tecnica del diorama e del gesso, nonché le opere dei migliori scultori iberici.
Oggi l’Italia vanta una delle scuole presepistiche migliori al mondo, sia per le scenografie che per le statue: pochi lo sanno o ci pensano ma il merito va tutto a Stefanucci e di questa affermazione ne sono più che convinto.
Stefanucci storico e scrittore
Per Angelo realizzare o esporre un presepe significava offrire un momento di serenità a chi lo avesse visto. Era una testimonianza di fede, una catechesi fatta per immagini e un’occasione per “ informare” il più vasto pubblico su come fosse il Presepio; cosa rappresentasse in termini di religiosità, tradizione, cultura, arte e artigianato. Per fare questo occorreva una grande preparazione e una profonda conoscenza che ad Angelo non mancavano certamente, frutto di anni e anni di studio e ricerca. Per redigere il suo testo “Storia del Presepio” mise in moto tutta una serie di contatti, in Italia e all’estero, con studiosi, biblioteche, diocesi, comuni, per raccogliere quante più informazioni possibili. Il risultato fu un testo, edito nel 1944, ampio e approfondito, una pietra miliare nella storiografia presepistica.
Noi abituati ai PC, posta elettronica, a Whatsapp, possiamo solo lontanamente immaginare quali potessero essere le difficoltà per raccogliere informazioni da ogni parte del mondo, in un’epoca sconvolta dalla guerra. Ma lo Stefanucci scrittore non si limitò a questo. Sono incalcolabili i suoi contributi su quotidiani, riviste, periodici di grande fama e valore culturale. Persino l’Enciclopedia Treccani si avvalse della sua collaborazione e delle sue conoscenze per redigere la voce “Presepio” per la sua prestigiosa pubblicazione. Tuttavia in questo ambito la testimonianza più ricca, approfondita, Angelo l’ha lasciata con la rivista associativa “Il Presepio”, di cui curò personalmente la redazione di ben 144 numeri. Penna brillante di volta in volta, a seconda della circostanza, seria e goliardica, capace di catturare e mantenere viva l’attenzione del lettore; l’Angelo scrittore non è stato certamente inferiore all’Angelo presepista. Altrettanto possiamo dire dell’Angelo conferenziere. Infatti Stefanucci venne chiamato a divulgare le sue conoscenze presepistiche in molte occasioni: per congressi, inaugurazioni, sia in Italia che all’estero usufruendo della sua conoscenza di francese e spagnolo.
Stefanucci e l’associazionismo
Viaggiava molto e aveva contatti costanti in campo internazionale. In occasione di un viaggio in Spagna, nel 1950, conobbe l’Associazione Presepistica di Barcellona; questa fu una rivelazione che gli conferì un’ulteriore carica per un suo sogno; riunire gli appassionati del Presepio italiani in un’associazione nazionale. Nello stesso tempo pensò di creare qualcosa di analogo a livello internazionale visto che in altri paesi (Austria, Germania, Spagna) esistevano già associazioni presepistiche nazionali. Nel 1950 a Barcellona Stefanucci coronò il suo progetto con la costituzione della “Universalis Foederation Praesepistica (Un.Foe.Prae) assieme a un centinaio di presepisti europei. Nei primi tempi non fu facile far accettare l’idea di una federazione mondiale. Erano molte le resistenze da parte di chi temeva che questo accordo potesse azzerare le differenze tra le varie tradizioni locali e nazionali per proporre una omologazione del Presepio a principi uguali in tutti i paesi. In realtà l’intento era l’esatto opposto: valorizzare le singole realtà a conoscenza di tutti, portando uno scambio reciproco di informazioni. Oggi la federazione conta 20 associazioni nazionali, in rappresentanza di tre continenti e oltre 50.000 Amici del Presepio. Nel novembre del 1953, finalmente Stefanucci riesce a dar vita alla sospirata “Associazione Italiana Amici del Presepio”, inserita a pieno diritto nell’Un.Foe.Prae. (chi scrive ha aderito all’Associazione dal 1986).
Stefanucci indomito
Angelo aveva un carattere “di ferro”, indomito, tenace, perseverante. Da qui il soprannome di “Panzer division” che gli avevano dato i suoi collaboratori e di cui andava fiero. Non si scoraggiava di fronte a un “no”, anzi, ogni rifiuto o rinvio gli dava una carica in più. Sapeva stimolare (tormentare) il malcapitato di turno finchè non otteneva l’agognato “si”. Questa sua perseveranza gli ha permesso di ottenere prestiti preziosi per le mostre presepistiche, di far realizzare Presepi impegnativi a cui nessuno si sarebbe mai sognato di mettere mano e di vincere battaglie che sembravano perse in partenza. Riuscì a ottenere dalle Poste Italiane l’emissione natalizia di un francobollo dedicato al Presepio. Stefanucci sferrò il primo attacco nel 1958 senza fortuna, continuò a sollecitare il Ministero delle Poste e finalmente nel 1970 Angelo ottenne il sospirato successo. Ben 12 anni di lotte e non era sufficiente: ottenne anche che l’emissione natalizia fosse a carattere annuale negli anni successivi. Ottenere una sede per la neonata Associazione e museo del Presepio è stato ancora più difficile. Servirono ben 14 anni per trovare una sede, grazie alla disponibilità dei Padri del Terzo Ordine Francescano, che ancora oggi ospitano l’Associazione nei locali di via Tor de Conti, 31 a Roma.
L’uomo Angelo Stefanucci
Stefanucci aveva una personalità complessa, poliedrica, per certi versi contraddittoria. Sebbene non avesse particolari titoli di studio, la sua voglia di apprendere lo aveva portato ad approfondire le sue conoscenze in tutti i campi, facendone un uomo di vasta cultura, un “umanista” del XX secolo, a suo agio con qualunque argomento. Eppure, questo “Professore” come tutti lo chiamavano, dall’aspetto imponente e austero, conservava una personalità molto semplice, quasi infantile. Abilissimo e brillante conversatore, semplice nell’esposizione, scrittore dalla penna facile e vivace, fu uno storico attento e puntuale, un ricercatore acuto e pignolo. Per lui l’importante era “fare”: non importa se mancava qualcosa, si poteva rimediare in seguito.
La sua frase classica, quando si era nel dubbio a una nuova impresa che a tutti appariva irrealizzabile era “E che ce vò”.
Fu grande appassionato di teatro: per ben sessantacinque anni impegnato in varie filodrammatiche, mise in scena molti spettacolo e rivestì vari ruoli. Famosa la sua interpretazione di Gesù nel dramma sacro “Christus”. Non aveva problemi di rapportarsi con chiunque, dalla più umile e semplice delle persone al Papa, trovandosi comunque a suo agio. Aveva un’autentica passione per i più giovani; quanti ne ha instradati sulla via del Presepio, incoraggiandoli e spronandoli. Ecco un aspetto controverso della personalità di Stefanucci: per molti era accentratore e prevaricatore, in realtà Angelo era sempre disponibile a dare spazio e fiducia anche all’ultimo arrivato. Aveva fatto della semplicità, anzi della spontaneità nel vestire e in tutti gli altri aspetti che oggi diremmo dell’apparire, una sua convinta scelta di vita (quanto lontana dall’epoca attuale). Un vestito estivo, uno invernale e un immenso cappotto (di spigato siberiano con riferimento al sig. Fantozzi) costituiva tutto il suo guardaroba.
Angelo ci lasciò il 7 dicembre 1990. Aveva 85 anni – fino all’ultimo istante della sua vita il Presepio fu nei suoi pensieri e nelle sue occupazioni: quella mattina, uscito di casa per recarsi nella vicina tipografia per consegnare le basse della rivista ”Il Presepio”, la 144, l’ultima da lui curata. Un malore lo colse per strada, chiese una sedia, per riposarsi un attimo, ai gestori del negozio proprio sotto casa sua.
Pochi attimi dopo la sua anima raggiungeva quella che aveva amato chiamare la “Betlemme Celeste”. Per chiudere degnamente questo suo ricordo, credo che la cosa migliore sia affidarsi alle sue stesse parole, le righe finali dell’ultimo capitolo della “Storia del Presepio” del 1944: O Fratelli in Cristo, torniamo al Presepio. Il nostro appello risuoni in ogni città, in ogni villaggio, per monti e per piane….
Il Presepio formi la nostra gioia, il nostro pensiero, il nostro affetto!
E così sia.
Giancarlo Ponzio
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